La presenza degli smartphone nelle aule scolastiche è una realtà ormai consolidata: quello che fino a pochi anni fa era un dispositivo mal tollerato e poco gradito dagli insegnanti di ogni classe, infatti, è diventato uno strumento di apprendimento. Al bando ogni demonizzazione, dunque: Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione del governo di Paolo Gentiloni, poco tempo fa ha sottolineato la necessità di fare degli smartphone un uso consapevole, purché nel solco delle esigenze didattiche. Le linee guida del piano scuola digitale, insomma, aprono le porte ai telefoni cellulari, che in realtà sono mini computer a tutti gli effetti: in attesa di capire se anche il prossimo ministro dell’Istruzione la penserà allo stesso modo, non si può non notare una decisa inversione di tendenza che rappresenta una svolta a U rispetto a undici anni fa.
La circolare del 2007
Era l’anno 2007, infatti, quando il titolare del dicastero di viale Trastevere, sempre in un governo guidato dal centrosinistra, era il cattolico Giuseppe Fioroni. Ebbene, una circolare di quell’epoca bandiva qualsiasi telefonino dalle classi, ritenendo il suo utilizzo una forte mancanza di rispetto nei confronti del docente e, al tempo stesso, un elemento di distrazione, anche per i compagni. Non si può fare a meno di sottolineare che i telefonini del 2007 erano ben diversi dagli smartphone attuali: ai tempi impiegati principalmente per mandare sms e per realizzare i primi filmati, oggi vere e proprie porte aperte sul mondo, con connessioni a Internet che permettono di collegarsi a qualsiasi sito in pochissimo tempo.
Smartphone sì o smartphone no?
Se le indicazioni ministeriali sono molto chiare, può comunque essere utile valutare i pro e i contro relativi alla presenza degli smartphone in classe. Il principale elemento a sfavore è rappresentato dal fatto che i cellulari sono a tutti gli effetti delle fonti di distrazione, a prescindere dall’utilizzo che se ne fa. D’altro canto, la didattica non può fare a meno di adeguarsi alle evoluzioni tecnologiche, ed è stato notato che gli studenti che manifestano dei disturbi dell’apprendimento possono risentire in positivo del ricorso alle nuove tecnologie.
Le flipped classrom
Un concetto a cui si fa riferimento sempre più spesso è quello delle flipped classrooms, le classi capovolte: è il concetto secondo il quale a casa gli alunni assistono a spiegazioni einsegnamenti in video, per poi approfondire gli argomenti con i docenti. Anche i libri di testo si adeguano: i più nuovi sono concepiti per integrare l’uso dello smartphone, per esempio per l’ascolto di dialoghi in una lingua straniera, senza le cassette e i CD a cui erano abituate le generazioni precedenti. Tutto bene, dunque? No, perché molti insegnanti lamentano le difficoltà di numerosi studenti a scrivere in corsivo o addirittura a tenere in mano la penna.
Il processo di digitalizzazione
Il compito che una volta spettava alle audiocassette, dunque, allo stato attuale è stato trasferito ai QR Code e ai file, nella scia di un processo di digitalizzazione che si espande sempre di più. Un fenomeno che non può essere sottovalutato, poi, è quello del cyberbullismo: i bulli sono sempre esistiti, è vero, ma oggi con le chat e i social network le loro azioni possono avere ripercussioni molto più gravi. E ancora, non è possibile non notare una forte dipendenza dei ragazzi e dei bambini di tutte le età dai dispositivi tecnologici: se già sono abituati ad avere in mano lo smartphone tutto il giorno, per quale motivo a scuola non possono stare senza.
Perché sì
Insomma, oggi come oggi sarebbe anacronistico impedire l’uso degli smartphone in classe, anche perché gli alunni proverebbero comunque a individuare una scappatoia. Il proibizionismo non ha mai portato a niente di buono: tanto vale sfruttare la tecnologia per trarne un vantaggio. Non rimane che dotare i nostri figli di un buono smartphone: è possibile trovare informazioni e offerte sul sito di Yeppon, magari dopo aver consultato la pagina https://blog.yeppon.it/recensioni/smartphone/.
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